Storia

“Nel cuore di Città Alta una cucina autentica da assaporare”

Nel suggestivo contesto di Città Alta, La Ripa si adagia fra le storiche pendici che conducono a San Vigilio, attraversando la salita affettuosamente riconosciuta come “la ripa” dai cittadini di Bergamo. Questo antico percorso, ora cornice di due distinte realtà culinarie curate dalla famiglia Acquaroli, incanta con il suo fascino senza tempo: in alto, il Baretto, un intramontabile frammento della vita bergamasca; in basso, La Ripa, dove l’eleganza s’incontra con l’ospitalità.
L’ingresso del ristorante è sovrastato da un maestoso albero secolare e una scalinata invita ad ascendere verso una terrazza rialzata, offrendo un angolo pittoresco e conviviale che prelude alla spaziosa sala interna e ai due accoglienti salottini, ambienti dove regna un’atmosfera rilassata ed elegante.

Generazioni di passione e saper fare in cucina

La Ripa è animata dall’impegno della terza generazione Acquaroli: Lucia, Annalisa e Tito. Un trio di giovani appassionati e versati nel mondo della ristorazione, affiancati dai saggi consigli e dalla preziosa esperienza di mamma Gabriella e papà Beppe.

Ogni dettaglio, dal gusto parigino alla scelta della boiserie nera e del rivestimento in velluto vinaccia, dall’atmosfera romantica al design decò, parla dei valori e dell’estetica della famiglia Acquaroli. La sala, in un connubio di tradizione e modernità, ospita un bancone dei dolci che richiama quello del Baretto e un grande camino recentemente restaurato, riscaldando gli ambienti con il suo fuoco crepitante.

Armonia tra tradizione e sperimentazione

Il nostro chef, il talentuoso Cristian Semperboni, con un curriculum arricchito da esperienze stellate in tutta Italia, si dedica a creare un menu che esalta la tradizione, proponendo piatti innovativi che attingono con rispetto alle radici della cucina bergamasca e nazionale. Da “Il ritorno del Bertagni” al “Coniglio tonnato”, il viaggio culinario abbraccia i palati con proposte che spaziano dal locale al globale, sempre con un occhio attento ai prodotti made in Bergamo e alla stagionalità.

Un omaggio alla famiglia e al territorio

La nostra storia è anche un tributo: fra gli scaffali troverete il liquore Antonietta, un amaro dedicato alla nonna di Lucia, Annalisa e Tito, creato nel 2020 con le erbe dei Colli e carico di ricordi e aromi di Bergamo. È il simbolo del nostro legame con il territorio e della continuità tra le generazioni che anima ogni nostra creazione in cucina.

La Ripa: un percorso storico e culturale

Già antica via di collegamento e camminamento storico, La Ripa, o via San Vigilio come indicato nelle mappe, ha da sempre rappresentato un punto di snodo fondamentale nella storia cittadina. Un luogo che, osservando da ogni direzione, ha dominato le epoche e ora accoglie con aperte braccia chi desidera immergersi nel suo racconto fatto di bellezza, cultura e sapori unici.

"L’atmosfera parigina nel gioco delle parole"

Un gioco di sillabe, per puro divertimento. Da Ripa, ecco Pari, come si pronuncia Parigi in francese. Una pura casualità che ben si specchia nel gusto bohémien del nostro locale.


Vi invitiamo a scoprire La Ripa, a lasciarvi avvolgere dalla nostra ospitalità e a degustare l’autenticità e la creatività della nostra cucina. Vi aspettiamo per condividere insieme a voi un pezzo della nostra storia e del nostro cuore.

2024 © La Ripa

STORIA

“Nel cuore di Città Alta una cucina autentica da assaporare.”
Nel suggestivo contesto di Città Alta, La Ripa si adagia fra le storiche pendici che conducono a San Vigilio, attraversando la salita affettuosamente riconosciuta come “la ripa” dai cittadini di Bergamo. Questo antico percorso, ora cornice di due distinte realtà culinarie curate dalla famiglia Acquaroli, incanta con il suo fascino senza tempo: in alto, il Baretto, un intramontabile frammento della vita bergamasca; in basso, La Ripa, dove l’eleganza s’incontra con l’ospitalità.

L’ingresso del ristorante è sovrastato da un maestoso albero secolare e una scalinata invita ad ascendere verso una terrazza rialzata, offrendo un angolo pittoresco e conviviale che prelude alla spaziosa sala interna e ai due accoglienti salottini, ambienti dove regna un’atmosfera rilassata ed elegante.

Generazioni di passione e saper fare in cucina

La Ripa è animata dall’impegno della terza generazione Acquaroli: Lucia, Annalisa e Tito. Un trio di giovani appassionati e versati nel mondo della ristorazione, affiancati dai saggi consigli e dalla preziosa esperienza di mamma Gabriella e papà Beppe.

Ogni dettaglio, dal gusto parigino alla scelta della boiserie nera e del rivestimento in velluto vinaccia, dall’atmosfera romantica al design decò, parla dei valori e dell’estetica della famiglia Acquaroli. La sala, in un connubio di tradizione e modernità, ospita un bancone dei dolci che richiama quello del Baretto e un grande camino recentemente restaurato, riscaldando gli ambienti con il suo fuoco crepitante.

Armonia tra tradizione e sperimentazione

Il nostro chef, il talentuoso Cristian Semperboni, con un curriculum arricchito da esperienze stellate in tutta Italia, si dedica a creare un menu che esalta la tradizione, proponendo piatti innovativi che attingono con rispetto alle radici della cucina bergamasca e nazionale. Da “Il ritorno del Bertagni” al “Coniglio tonnato”, il viaggio culinario abbraccia i palati con proposte che spaziano dal locale al globale, sempre con un occhio attento ai prodotti made in Bergamo e alla stagionalità.

Un omaggio alla famiglia e al territorio

La nostra storia è anche un tributo: fra gli scaffali troverete il liquore Antonietta, un amaro dedicato alla nonna di Lucia, Annalisa e Tito, creato nel 2020 con le erbe dei Colli e carico di ricordi e aromi di Bergamo. È il simbolo del nostro legame con il territorio e della continuità tra le generazioni che anima ogni nostra creazione in cucina.

La Ripa: un percorso storico e culturale

Già antica via di collegamento e camminamento storico, La Ripa, o via San Vigilio come indicato nelle mappe, ha da sempre rappresentato un punto di snodo fondamentale nella storia cittadina. Un luogo che, osservando da ogni direzione, ha dominato le epoche e ora accoglie con aperte braccia chi desidera immergersi nel suo racconto fatto di bellezza, cultura e sapori unici.

L’atmosfera parigina nel gioco delle parole
Un gioco di sillabe, per pure divertimento. Da Ripa, ecco Pari, come si pronuncia Parigi in francese. Una pura casualità che ben si specchia nel gusto bohémien del nostro locale.

Vi invitiamo a scoprire La Ripa, a lasciarvi avvolgere dalla nostra ospitalità e a degustare l’autenticità e la creatività della nostra cucina. Vi aspettiamo per condividere insieme a voi un pezzo della nostra storia e del nostro cuore.
«Il primo ricordo è del 1964. Ci sono le parole di una famiglia, la voce di mia madre Antonia che mi chiede: “Ma come è su là?» racconta Beppe Acquaroli. La domanda è indirizzata proprio a lui, bambino di 6 anni: papà Tito lo aveva portato con sé a scoprire l’allora Bar di San Vigilio: ne gestiva già uno a Colognola, il Bar degli Amici, ma come secondo lavoro Tito noleggiava jukebox e doveva ritirarne uno nel bar di Città Alta che sarebbe stato chiuso a breve. «Mio padre mi portò con lui, era un giorno feriale d’estate – ricorda Beppe -. Alla domanda di mia madre non seppi altro che rispondere: “Là è sempre festa“. Ci trasferimmo a San Vigilio per non lasciare più questo luogo». Che per Beppe è e deve essere sempre festa: «Per mantenere la passione di quell’inizio, l’amore per l’ospitalità e l’accoglienza, quel senso di essere lì per festeggiare i nostri ospiti, la loro scelta di trascorrere del tempo con noi, in un luogo e in un’atmosfera curata fin nei piccoli dettagli».

Qualunque giorno o momento vissuto al Baretto per Beppe è speciale. Anzi: «Anzi – sorride -, per il Beppe del Baretto come mi chiamano e conoscono tutti a Bergamo: quel giorno del 1968 avevo 10 anni e ho lavato il mio primo bicchiere – e continua -. Il Bar di San Vigilio è diventato Baretto, semplicemente, come lo chiamava la gente di Bergamo». Un luogo storico, un punto di incontro, di relazioni e vite che qui sono passate. Pezzi di storia, dello stesso locale, che si rinnova e nel 1988 si trasforma in ristorante: «Ho percepito che era il tempo di sviluppare un’offerta più articolata». Una cucina legata al territorio, «con contaminazioni che fanno parte della mia cultura e del mio modo di essere: tanta Bergamo quindi, ma anche ispirazioni in giro per l’Italia e il mondo, con una passione speciale per la Francia». I bistrot parigini così come quel senso antico e bohémien di luoghi del cuore come l’Harry’s Bar di Venezia e il Café de Flore di Parigi.

«Il Baretto di San Vigilio è questo: storia e cultura, il profumo di Francia, l’espressione di una famiglia e di attimi che si sono susseguiti nel tempo» continua Beppe. Un bistrot, con una cantina eccellente, riconosciuta e premiata dalle guide per la sua completezza, con oltre 500 etichette: «Tutto si deve alla mia curiosità e al fatto che il vino è la mia prima grande passione: cerco quasi ogni giorno non solo il grande nome ma soprattutto il buon vino, anche di piccoli vigneron. La Borgogna ha un ruolo importante nella mia cantina, ma ho grande attenzione per i vini bergamaschi che non mancano mai». Abbinati alla cucina, curata, nel rispetto delle materie prime, sperimentando nuove tecniche, tese ad esaltare i sapori essenziali. «Bergamo è raccontata attraverso le ricette della nostra terra, dal Coniglio alla Bergamasca fino alla Fonduta di Taleggio o alla Polenta, ma quello che non manca mai sono i Casoncelli: una riscoperta per il bergamasco, una meraviglia di sapore per il turista». Preparati secondo la ricetta di nonna Giuseppina, da lei prendo il nome: «Li prepariamo a mano con il burro delle Orobie, il Formai de Mut e con le briciole del pane nell’impasto – racconta Beppe -. È una ricetta che mi rappresenta, parla della mia storia». Insieme alla Sfoglia e scarola con fonduta di taleggio e tartufo nero: «La scarola coltivata sui colli di Bergamo, quella verdura che ho sempre mangiato da bambino, coltivata fuori dalle serre grazie allo speciale microclima di questa zona che permette anche ai nostri clienti di mangiare all’aperto tutto l’anno».
Ed ecco il dentro e il fuori del Baretto: l’esterno e la sua vista incredibile – d’inverno con le copertine, d’estate all’ombra dei tigli -; l’interno ristrutturato nel 1995 che mantiene elementi antichi con la modernità di un bancone che accoglie e abbraccia la sala. «E’ uno spazio che non ha pareti e il banco moderno, bianco, pieno di cibo, è l’anima del Baretto, espressione fresca e vitale. Parla del lavoro che ha permesso di produrre il nostro cibo, esprime la nostra passione. Tutt’attorno le pareti con boiserie di rovere, i pavimenti in cotto, i soffitti antichi». Si crea così un’atmosfera romantica, emozionante. «Nasce dai dettagli, dal senso di cura, in un microcosmo di sensazioni che si intrecciano: ogni oggetto, ogni gesto sono un racconto. Un pezzo di noi e dei nostri ospiti» spiega Beppe Acquaroli che, insieme alla sua famiglia, ogni giorno raccoglie al Baretto nuove storie, di chi qui trascorre del tempo. «Tra le mie emozioni più intense, legate a questo posto, c’è la musica di un’orchestrina che l’11 luglio 1991 suonò per accogliere la prima carrozza della funicolare di San Vigilio, riaperta dopo vent’anni di abbandono e un’importante ristrutturazione. Quella melodia dal sapore jazz ha dato il via al primo viaggio e, in un certo senso, alla rinascita di San Vigilio».
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